“Con il mio muralismo cerco di rappresentare una società dove ognuno ha diritto ad essere persona”. Mono Hector Carrasco, 70 anni, grafico, muralista, promotore culturale, fuggito dal Cile di Pinochet, definisce così la sua arte. E una delle sue opere colora ora uno dei muri di Scampia, in particolare una facciata della scuola Pertini in via Fratelli Cervi. Mono l’ha dipinta insieme agli alunni della scuola e a quanti hanno voluto partecipare, perché “non importa saper disegnare, è l’idea quella che conta”.
Così dall’ 8 all’11 novembre mono carrasco ha dipinto con i suoi colori vivaci il muro della scuola di Scampia. Il primo giorno, aiutato dagli alunni della scuola ha preparato il muro con la pittura bianca. La sera ha proiettato il disegno e, insieme a un gruppo di volontari, ne ha tracciato i contorni. Il sabato e la domenica poi è stata la volta del colore in compagnia si un gruppo di volontari, abitanti di Scampia. Il lunedì la grande festa con l’inaugurazione del murales sotto gli occhi stupiti degli alunni della scuola. Quel muro grigio dell’edificio ora ha lasciato lo spazio al volto di Sandro Pertini, su un lato, e di Pablo Neruda dall’altro. “In mezzo ci sono i sogni dei bambini”, ha detto Mono. E il colore spicca anche nelle giornate più grigie.
“La cosa che mi ha colpito subito è che la scuola si chiama ‘Sandro Pertini’ – ha raccontato l’artista cileno – Per me è stato lui uno dei migliori presidenti dell’Italia. Nel 1973, quando era presidente della Camera dei Deputati, fu il primo politico a fare un discorso di solidarietà con il popolo cileno contro la dittatura, per la libertà del nostro popolo”. Così l’artista ha deciso di dipingere su un muro il volto iconico di Sandro Pertini, sull’altro Pablo Neruda. “Quest’anno si compiono i 100 anni dalla prima edizione di un libro del nostro poeta Premio Nobel, Pablo Neruda, ‘Venti poesie d’amore e una canzone disperata’”. In mezzo ci sono i giochi dei bambini, i loro sogni. E soprattutto ci sono bambini sorridenti di ogni popolazione. “Questo perché anche la società italiana sta diventando multietnica ed è la strada giusta: una società non razzista dove ognuno abbia diritto ad essere persona. E questa è una cosa fondamentale”.
Alla realizzazione del murales sul muro della Pertini hanno partecipato i bambini della scuola e tutte le persone del quartiere che hanno deciso di contribuire a questa opera. “Per me i murales sono arte collettiva – ha spiegato il muralista – nel senso che la gente non viene sono a dipingere collettivamente. Io faccio partecipare tutti anche alla stesura del progetto da dipingere. Anche nel caso del murales di Scampia è successo così: io ho inviato un bozzetto che poi è stato condiviso tra le persone del posto e ognuno ha dato una sua opinione. Con quelle idee io ho arricchito il mio progetto, ho fatto in modo che questo bozzetto potesse contenere le opinioni degli altri, di tutti”.
Eduardo “Mono” Carrasco, nome clandestino e provvisorio, cui vero nome è Héctor Carrasco, è nato a Santiago del Cile nel 1954. È arrivato in Italia nel 1974, espulso dalla dittatura di Pinochet. Mono racconta che, insieme a un collettivo di muralisti, erano diventati sgraditi alla nuova dittatura cilena per quello che disegnavano sui muri e per il messaggio di libertà che questi trasmettevano. Per questo motivo fu tra gli espulsi dal Cile e le opere del collettivo vennero brutalmente cancellate. “È un raro caso al mondo di arte totalmente eliminata”, ha detto Mono.
Per 16 anni gli è stato vietato di tornare in Cile. “Mi avevano tolto anche la cittadinanza – continua il racconto il muralista – avevo un passaporto stranissimo che rilasciava le Nazioni Unite, quello per gli apolidi. Si chiamava ‘carta di viaggio’ ma non la conosceva nessun poliziotto. Ogni volta che mi fermavano perdevano ore a capire chi ero. Non c’era internet, facevano tutto per telefono”. Una volta arrivato in Italia, con un gruppo di cileni ha continuato a fare murales “per tener viva la solidarietà delle istituzioni e del popolo italiano per il popolo cileno, per la libertà e la riconquista della democrazia in Cile. Abbiamo iniziato a dipingere i muri delle città, partendo da Milano, Bologna, Roma e altre ancora”. Mono e i suoi si sono spinti anche in altre città d’Europa, ridando voce, attraverso i colori, alle periferie, ai diritti e alle idee. “Andiamo nei luoghi dove la gente fa fatica a vivere – continua Carrasco – dove la sofferenza è lampante”.
Una volta tornata la democrazia in Cile, Mono è tornato a casa, e ha ripreso in mano i pennelli. “Ho colorato le periferie, soprattutto i quartieri dove viveva la gente più povera – ha continuato – L’ho fatto anche a Pedro Aguirre Cerda, sobborgo di Santiago, dove ho manifestato una forma di solidarietà concreta, attraverso i murales, per chiedere materiale scolastico per tutti: il paradosso è che in alcune di queste periferie cilene c’è la scuola ma le persone non hanno i soldi per comprare matite e quaderni”.
Per Mono Carrasco l’arte muraria ha un grande valore sociale, non solo in periferie come Scampia ma ovunque. “Sicuramente – ha concluso Carrasco – in quartieri con le stesse problematiche che ha Scampia, come a Pedro Aguirre Cerda in Cile, come Quarto Oggiaro a Milano, l’arte dovrà giocare un ruolo preponderante per abbellire questi posti ‘brutti’, per modo di dire. Ma queste opere devono portare un discorso concreto, una proposta. Senza pensare che il murales risolva i problemi, ahimè. Ma certamente possono, attraverso i disegni e i colori, abbellire e portare una proposta per far sì che queste situazioni possano cambiare”.